Un’antologia di filastrocche popolari fatta molto bene (cioè con accuratezza filologica e nello stesso tempo con agilità e senza pedanteria) è quella pubblicata ora a cura di Leila Gandini (Ambarabà. Emme edizioni). Contiene 999 filastrocche Idi tutta Italia, molte delle quali raccolte direttamente dalla voce di bambini e adulti di oggi, divise per temi.
Nell’introduzione la curatrice accenna al «rituale tradizionale» di molte filastrocche che vengono scandite dalla persona adulta facendo sobbalzare il bambino sulle ginocchia, o alternando carezze e gesti a sorpresa. «Gli elementi essenziali sono: il contatto fisico, il suono (parole, nenia, o canto), il tono, il movimento ritmico, i gesti... Tra le filastrocche che sembrano fatte apposta per sviluppare il controllo emozionale, alcune includono frasi paurose (rivelano e scaricano anche inconfessabili desideri di distruzione da parte della mamma o da parte del bambino), o sobbalzi improvvisi, o improvvisa temporanea rimozione di sostegno».
Dondolio sulle ginocchia
Come contenuto drammatico esorcizzato dal dondolio sulle ginocchia, un buon esempio mi pare questa filastrocca pisana, in cui una consuetudine di litigi e brutalità familiari corre senza sosta verso la tragedia: «Seta moneta - le donne di Gaeta - che filano la seta -mamma fa gli gnocchi - bab-
bo ne mangia troppi - mamma mette il grugno - babbo gli dà un pugno - mamma piange forte - babbo gli dà la morte».
L’introduzione spiega come l’effetto di spavento sia controbilanciato dalle braccia che tornano ad afferrare e ad accogliere. « Così il bambino viene rassicurato e aiutato a superare il momento pauroso. Nella ripetizione poi, il piccolo, che Iha imparato a controllare la sua paura, anticipa con piacere i punti salienti in cui l'adulto lo fa saltare più in alto o finge di lasciarlo cadere ».
Riflettendo su questo punto, mi rendo conto che tutte le tecniche letterarie (di emoziona lirica, d’effetto teatrale, di suspense narrativa) sono contenute in nuce nella filastrocca. La trama emozionale sottintesa in ogni opera letteraria è quella dei salti sulle ginocchia, con l’attesa e il superamento d’un acme catastrofico. E quasi mi prende la tentazione di fondare sulla filastrocca una nuova teoria delle « origini della tragedia... ».
Tra le « canzoncine agli animali » scelgo questa dedicata alla rondine, nel dialetto di Nuoro: «Onrundini arrundini - imparami a tundiri - imparami a tessiri - candu ddu app’éssiri - in punta è campanili - cum d’una scopettàda - i t’appu a bocciri ». (Provo a tradurre letteralmente: «Rondine rondine - insegnami a tosare la lana - insegnami a tessere - quando tu hai a essere - in punta al campanile - con una schioppettata - io t’ho fatta uccidere ».
Fili invisibili
Cosa mi attrae oscuramente in questi versi? Primo: le parole sdrucciole, abbastanza rare in una filastrocca. Secondo: gli andirivieni delle rondini intorno a un campanile che richiamano l’idea d’uno sforbiciare di cesoie oppure l’idea del tessere, come intreccio di fili invisibili nell’aria. Terzo: la schioppettata che interrompe d’improvviso l’idillio come in una fatalità paesana d'agguati all’ombra del campanile, senza scampo possibile: «io t’ho a uccidere».
Osservando bene si scopre che sotto l’apparente incongruità dei versi c’è una trama esistenziale perfettamente logica: per la donna contadina, la cui vita è segnata momento per momento fin dalla nascita, il volo della rondine si presenta come un’immagine di libertà; ma quando lei cerca d’immaginare come potrebbe far proprio il segreto di quel movimento lieve e felice nei gesti della sua vita, si ritrova di fronte le operazioni del lavoro di sempre, tosare le pecore, tessere la lana; da ciò un senso d’insofferenza repressa che diventa spinta repressiva e e si scarica sulla rondine come illusione d’una libertà irraggiungibile.
Osservando bene si scopre che sotto l’apparente incongruità dei versi c’è una trama esistenziale perfettamente logica: per la donna contadina, la cui vita è segnata momento per momento fin dalla nascita, il volo della rondine si presenta come un’immagine di libertà; ma quando lei cerca d’immaginare come potrebbe far proprio il segreto di quel movimento lieve e felice nei gesti della sua vita, si ritrova di fronte le operazioni del lavoro di sempre, tosare le pecore, tessere la lana; da ciò un senso d’insofferenza repressa che diventa spinta repressiva e e si scarica sulla rondine come illusione d’una libertà irraggiungibile.
"la Repubblica", ritaglio senza data, probabilmente 1979