La condizione umana


La condizione umana è basata sull’oscillazione. Quando il taxi brousse oscilla all’orizzonte, e l’autista dà segno di volersi fermare, la venditrice di susine oscilla in piedi e corre verso il punto previsto di sosta. Ci vuole una certa dose di fortuna acciocché i passeggeri non abbiano già comprato susine qualche chilometro a monte e una certa dose di abilità nell’infilare il braccio all’interno dell’abitacolo prima delle altre venditrici. Se queste due condizioni, che sono il minimo sindacale, si presentano, forse ci sarà la speranza di cenare quella sera. Per la venditrice e i suoi bambini.




Oscilla in su e in giù il lungo e pesante piede di porco che il ragazzo maneggia sull’infuocato asfalto, insieme a centinaia di suoi colleghi schiavi. L’obiettivo è di frantumare la vecchia copertura bituminosa per riasfaltare la RN7. Basterebbe un solo “motopick”, versione più comoda del classico martello pneumatico (che danneggiava i polsi e il cervello dell’operatore in piedi), per risparmiare fatiche infernali a schiere di malcapitati. Il vecchio presidente Ravalomanana aveva comprato un aereo di stato per 60 milioni di dollari, ma non era stato capace di fornire alle aziende di manutenzione strade la tecnologia necessaria per rimettere a posto le buche. Il presidente venuto dopo di lui, Rajoelina, aveva promesso di vendere l’aereo per dare quei soldi ai poveri. L’avrà fatto? Nessuno ne sa nulla. E’ nobile certamente voler risollevare la condizione umana dei miseri mendicanti, ma anche quella degli operai meriterebbe qualche
attenzione.



Tuttavia, c’è una classe sociale più elevata che non deve correre dietro ai taxi brousse, facendo volteggiare sopra la testa cestini di frutta, né farsi da parte quando passa un pulmino, guardando con stupore e invidia i passeggeri, con una smorfia dolorosa sul volto affaticato. E’ la classe degli statali e dei dipendenti di grosse aziende, che hanno uffici decorosi con ventilatore e il loro lavoro consiste nel maneggiare leggerissime carte. O al massimo nello spremere le meningi facendo calcoli. Spesso, specie gli statali, non hanno un accidente da fare. E’ il caso del signor Jean Charles, presso il quale ho incontrato la pranoterapeuta protestante, uno dei numerosi “zii” di Tina che forse il prossimo anno andrà in pensione, ma che per ora mantiene la moglie e un numero imprecisato di parenti e affini. Non ho rivalse veterocomuniste nei suoi confronti – e non credo le abbiano nemmeno la venditrice di susine e lo sterratore – ma non posso fare a meno di chiedermi se la sua condizione umana sia totalmente desiderabile. Svolgere un lavoro di cui non si vede il fine, cinque o sei giorni alla settimana, per avere in cambio uno stipendio che, tolti l’affitto e le bollette, permette a mala pena di sopravvivere, è una condizione che ha riguardato e riguarda anche milioni di nostri schiavoratori, serbatoio di frustrazioni e infelicità.




Io al momento passo pigramente su tutte queste condizioni umane come un’indecisa ape bottinatrice, oscillando incerta, guardando il tutto dall’alto, ma senza esprimere giudizi, se non nei confronti dei truffaldini parassiti conclamati che si fanno votare dalla gente. Non crediate comunque che la mia condizione umana di ape ronzante e osservatrice sia la migliore in assoluto. Dipende dal grado di adattamento. Per certuni le catene sono pesanti, per altri leggere. Io oscillo tra gli uni e gli altri e non so nemmeno usare un motopick!




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