Dice una formula induista: “L’amore è dolce, la devozione è molto dolce, la rinuncia è dolcissima”. Se fossi nato induista forse rinunciare all’acquisto di questa bellissima casa su una duna, di fronte al mare di Amboamboaky non mi sarebbe pesato, ma anzi l’avrei vissuta con pacata rassegnazione. E così, dopo una notte passata lasciando che il cervello lavori nel sonno, alla ricerca di qualche idea, mi sono svegliato pensando che siamo di passaggio su questa terra, che se non ho abbastanza soldi per comprarla significa che non era destino che la comprassi. E così con molto rammarico ho dovuto accantonare la proposta mettendola insieme alle altre case già viste, e respinte, con la differenza che questa non era in affitto ma in vendita. La felicità consiste già nella ricerca della felicità ed essere andati a vedere, da fuori e da dentro, accompagnati da Pauline, madre della padrona dell’immobile, questa nuova casa in muratura, ha già significato gustare una parte di esotica felicità.
Io non farò come la volpe della famosa favola, alle prese con un grappolo d’uva troppo alto per lei, non dirò che quella casa aveva dei difetti, che sarebbe stata facile preda dei “malaso”, che avrebbe avuto problemi di approvvigionamento idrico, che il fotovoltaico non avrebbe permesso di mettere in funzione un grosso frigo da ristorante. Anzi, dirò che tutti questi problemi di natura tecnologica sarebbero stati risolti, con la buona volontà e con buoni idraulici ed elettricisti. Ho cercato infatti, per diverse ore, tornato da Mangily, di guardare il bicchiere mezzo pieno e mi sono immaginato titolare di un ristorante pizzeria, con una grande insegna sulla strada asfaltata, che congiunge Tulear e Morondava, e con centinaia di camion brousse e altri fuoristrada che passano proprio davanti.
Fino a un anno fa, l’asfalto non c’era. Poi sono arrivati i cinesi. Fino a un anno fa, la casa non c’era. Poi il francese, marito della padrona dell’immobile, nonché genero di Pauline, ha deciso di costruirla. Ci sono due camere, una grande cucina e uno spazioso salone, dove troverebbero posto quattro o cinque tavoli. Anche sulla veranda che guarda verso il mare, dalla cima della duna, ci
starebbero quattro o cinque tavoli. Tra la cucina e il salone c’è un muretto alto un metro e mezzo, fatto apposta per posizionarvi quattro o cinque sgabelli alti, così che i clienti che non vogliono sedersi ai tavoli e che magari intendono fare quattro o cinque chiacchiere con il barman, possono arrampicarsi e, appoggiando i gomiti sul ripiano, degustare un bicchierino di Pastis. La birra, ovviamente, dovrebbe essere ghiacciatissima.
Il forno per la pizza e il pane potrebbe essere allestito vicino alla struttura in cemento per le grigliate, fatta costruire dal francese secondo i suoi parametri alimentari. Il bagno per i clienti sarebbe lo stesso usato dai padroni, cioè noi, e anche le due camere potrebbero essere messe a disposizione per eventuali turisti che volessero fermarsi qualche giorno. In tal caso, io e Tina prenderemmo temporaneamente alloggio in una tenda, magari vicino ad altre tende per eventuali saccopelisti squattrinati, giovani che girano il mondo con pochi soldi in tasca, ché tanto di spazio ce n’è. E pure ombra. Salendo dalla strada, c’è sulla sinistra la casetta del guardiano, con annessi wc e doccia a pochi metri di distanza. Quelli sarebbero a disposizione dei campeggiatori, mentre gli ospiti delle “chambres” userebbero il bagno interno alla casa. Come si vede, ho pensato a tutto, anche a far venire un cuoco o un pizzaiolo professionista da Tulear, per qualche tempo, così che m’insegni a fare le pizze, poiché tutti mi dicono che non è difficile imparare. Il difficile è farle bene, a regola d’arte.
Sia i campeggiatori che gli ospiti delle camere, per fare il bagno nell’acqua pulita del mare sottostante, non dovrebbero far altro che superare la duna, passando attraverso un cancelletto blu e scendere sulla scala in legno, per accedere alla spiaggetta privata. Una piroga ivi ormeggiata, condotta da qualche piroghista, poiché nei dintorni di Mangily non mancano, porterebbe gli eventuali sub alla barriera corallina, per immergersi a quattro o cinque metri di profondità. Poi, mio malgrado, mi toccherebbe assistere alla cottura del pescato sulla spiaggia, se non addirittura in cucina, deglutendo amaro per la morte di pesci e crostacei. Ma, se voglio lavorare, queste sono le dure leggi della vita, benché io personalmente le disapprovi. Non posso mettermi a fare lo schizzinoso e….pecunia non olet. Ma tutto questo non succederà. Rimarrà confinato nel regno della fantasia. Non ho abbastanza soldi per comprare casa e 2.600 metri quadri di terreno annesso, ben fornito di vegetazione. Se nella vita si possono avere al massimo quattro o cinque soddisfazioni, questa purtroppo non rientra nel conto.