Chiavette ribelli


Come mai mi fate più di mille visite giornaliere sul blog proprio adesso che ho difficoltà a connettermi? Non che la cosa mi dispiaccia, dopo che per anni ho lamentato la non crescita del sito, ma ciò fa aumentare il mio senso del dovere nei vostri confronti, cioè mi obbliga ad andare due volte al giorno in un internet point. Avete idea cosa significhi camminare su terreno sabbioso sotto il sole dei tropici in piena estate? Immaginate di essere in un forno e di dirigervi verso i punti d’ombra prodotti dal fogliame degli alberi, passando da ombra ad ombra, di albero in albero. Se l’anno scorso non ho potuto usufruire della chiavetta Orange prepagata perché come sistema operativo avevo Ubuntu, che in Madagascar non conosce nessuno, stavolta le difficoltà tecniche consistono nel fatto che il mio Mac portatile si ritrova ad avere un sistema antivirus che impedisce l’installazione della chiavetta, ovvero la sua configurazione. Questo lo abbiamo saputo alla fine, dopo diverse mezze ore passate ad osservare i vari tecnici che si sono susseguiti. Non so come mai l’antivirus si trovi lì, ma il guaio è che nessuno sa disattivarlo.



Il ragazzo che si vede a sinistra nella foto, dipendente del Cyncro, è quello che si è impegnato di più, ma anche lui ha dovuto arrendersi. Per premiare la sua buona volontà volevo passare a lasciargli una mancia, ma Tina mi ha citato un proverbio malgascio: “Asa vita no ifampitsarana”, ti pago dopo che hai fatto il lavoro e solo se lo hai fatto, la sua traduzione. Quello che però ha dimostrato di saperne di più, in fatto di hardware, non è stato il ragazzo dalle orecchie a sventola del
Cyncro, ma uno del negozio Orange principale di Tulear, che però fin dall’inizio è stato piuttosto reticente ad intervenire.



Di primo acchito, ci ha detto che era impegnato e che saremmo dovuti tornare dopo un’ora, poi che avremmo dovuto cambiare momentaneamente la lingua, da italiano a francese, così da agevolargli il lavoro. La prima obiezione mi è sembrata piuttosto strana, dal momento che in Occidente il cliente ha sempre ragione e non lo si deve fare aspettare, la seconda mi sembra parimenti strana perché il tecnico è lui e se io sapessi come si cambia la lingua in un Apple MacIntosh, non mi rivolgerei a un esperto, perché farei tutto da me. Evidentemente, nei negozi di telefonia e di internet vige lo stesso atteggiamento che i funzionari delle banche hanno con i loro clienti: li fanno aspettare, come volessero rimarcare una qualche presunta superiorità di casta tra chi detiene il potere e chi piatisce qualche servizio. Mi hanno detto che anche i camerieri spagnoli hanno lo stesso atteggiamento sprezzante nei confronti dei clienti. Sarà una questione di sangue caldo. O è solo stupidità?




In definitiva, tralasciando il tentativo di mettere il mio PC, in un altro negozio Orange, nelle mani di due carine nonché del tutto incompetenti donzelle, siamo tornati dal ragazzo poco disponibile della sede centrale, che però ha dovuto arrendersi alla presenza dell’antivirus irremovibile. Di modo che, paradossalmente, un dispositivo atto a proteggere il PC si rivela un ostacolo per la configurazione di una stupidissima chiavetta. Il ragazzo mi ha proposto di comprare un router per 149.000 ariary (45 euro), ma io ho già una chiavetta prepagata che tre anni fa, su un altro Mac portatile funzionava benissimo. Ora non ci resta che approfittare del viaggio per Tana, che avevamo comunque programmato, per far togliere l’antivirus e installare la chiavetta. Sicuramente, nella capitale troveremo gente che lo sappia fare.




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