Internet delle cose. Case intelligenti made in Italy (Gabriele Catania)

Il sogno di case automatizzate e mobili intelligenti è vecchio quanto l’Occidente. Già Omero, nell’Iliade, immaginava che la fucina del dio Efesto fosse una meraviglia di automatizzazione, con tripodi capaci di muoversi da soli e mantici robotizzati. «Se ogni strumento fosse in grado di compiere la propria opera al semplice comando o presentandola in anticipo», scriveva Aristotele nella Politica,«i padroni non avrebbero bisogno di schiavi».
La mitologia greca è già realtà, e basta farsi un giretto per i capannoni del Nordest high-tech (e medium-tech) per capirlo. In un’Italia che nonostante tutto resta tra i leader mondiali nella produzione di robot per l’industria, paesi come Oderzo, nel trevigiano, e Marostica, nel vicentino, sono roccaforti dell’home (e building) automation italiana, grazie ad aziende all’avanguardia come la Nice e la Vimar.
La prima fa sistemi di automazione per cancelli a battente e scorrevoli, porte di garage e così via e ha automatizzato pure il sistema di tende della biblioteca comunale di Monaco di Baviera; la seconda è specializzata in soluzioni domotiche, con un elenco di referenze che va da sontuose ville in mezza Italia al Bosco Verticale di Milano.
In quest’humus di quarto capitalismo si moltiplicano imprese e startup che puntano su una nuova frontiera: quella del mobile intelligente. Sia chiaro: non c’è solo il Nordest. Anche il Nordovest, la Toscana e il Lazio sono all’avanguardia. A Piacenza, per esempio, SMARTh FUrniTURE, gruppo di professioniste guidate dall’architetta italo-argentina Patricia Ferro, sviluppa e crea mobili dinamici, cioè arredi che dialogano termicamente con l’ambiente (come la linea Tango per Riva 1920). Ma nel Nordest lo sforzo è molto forte, come racconta a pagina99 Marco Bettiol, ricercatore di economia dell’Università di Padova, e autore del saggio Raccontare il Made in Italy (Marsilio – Fondazione Nordest, 2015).
«Si continua a vedere il mobile come un oggetto tradizionale, passivo, statico, che può essere bello o al massimo funzionale», spiega Bettiol, «in realtà è possibile creare mobili animati, intelligenti, con una capacità tecnologica tale da renderli attivi, e capaci di offrire molto di più. Oggi il mondo della casa è al centro di una grande rivoluzione tecnologica. Non è un caso che siano interessati a questo fenomeno anche colossi come Google, che nel 2014 ha comprato Nest Labs, azienda specializzata in termostati intelligenti e allarmi antifumo».
Insomma, il mobile intelligente come punto di incontro tra la tradizione mobiliera (quella che ha contribuito a far grande l’economia italiana, e continua a sostenere il nostro export) e nuovi mondi tecnologici, digitale in primis. «Il punto è dare ai mobili nuove funzioni, che oggi non solo non esistono, ma forse non sono nemmeno pienamente immaginate», insiste Bettiol, «tra le tecnologie più promettenti penso all’internet delle cose, che ha un potenziale immenso».
Fin qui, la teoria. Ma Bettiol indica vari casi concreti. Su tutti, la Lago, nel padovano. Come in tante saghe del Nordest industriale, anche Lago ha le sue radici nell’Ottocento: il capostipite si chiamava Policarpo Lago, artigiano ebanista attivo nelle ville aristocratiche e nelle chiese veneziane. Un secolo e passa dopo, Lago fattura 30 milioni di euro, ha quasi 200 dipendenti e negozi monomarca da Roma a Londra. E scommette, tra l’altro, sui “mobili parlanti” e l’internet delle cose.
«Noi siamo gente curiosa», racconta a pagina99 il Ceo Daniele Lago, «l’anno scorso, grazie alla tecnologia NFC, abbiamo lanciato la Talking Forniture. Tutti i nostri mobili sono dotati di un microchip che non solo contiene una carta di identità del prodotto, ma permette di avviare un dialogo con il pezzo di arredo». Basta avvicinare lo smartphone a una distanza ravvicinata e voilà, il gioco è fatto. Una cucina che suggerisce ricette, un lettino per bambini che racconta fiabe della buonanotte.
Aristotele avrebbe apprezzato.


Pagina 99, 9 aprile 2016

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