di Filomena Baratto
Vico Equense - Lo riconosci dal mattino con quegli strascichi di nuvole a cirri e a cumuli che non sanno se spostarsi o restare lì. C’è un fresco tutto nuovo quando il sole dorme ancora e a sera i colori perdono smalto appena si ritira. A terra si preparano i cortei di foglie accartocciate, secche, cadute troppo presto dai rami e, solitarie, ramingano per i viali in cerca di giochi. Di solito si raccolgono ai crocicchi delle panchine, te le trovi tra i piedi a fare capitomboli scherzosi, muovendosi tra le aiuole. E chiamano a raccolta altre compagne a confabulare per quanto corta sia stata l’estate, a lamentarsi di aver goduto così poco la permanenza sugli alberi, mentre ora ai loro piedi hanno perso ogni privilegio. Che ingiustizia la vita! E poi prendersela col sole che ne ha subito asciugato la linfa, rinsecchendole. Magari potessero rifarsi un lifting e così pimpanti chiedere all’albero di caricarle di nuovo sui rami! Ma a cosa servirebbe nell’arietta triste dei giorni più brevi e sbiaditi di fine stagione? Che sarà mai questa vita dalla durata di un baleno! Precipitose vogliono quasi far causa al cielo che non rimprovera il suo signore celeste di essere troppo caldo o troppo tiepido e imbrogliando i giorni le costringe a cadere. Non stanno meglio i fiori, come le bouganville lungo i muri dei cortili o delle belle scale giù fino al mare. A chi lamentarsi se adesso i loro grappoli non pendono ridenti ma portano i segni delle brezze e delle ombre che coprono i vicoli, dimenticate, una volta persa la vistosa bellezza? Come ricordare che prima i loro drappi di foglie e fiori coprivano i muri abbracciando il freddo cemento?
In riva al mare i sassi si lasciano ai giochi delle onde intrappolando e rilasciando l’acqua, in uno scherzoso balletto. Il mare li ricambia levigandoli ora che non sentono più voci e le uniche risa sono le loro. E la sabbia? Non viaggia più tra le vesti come semini irriverenti a visitare la pelle abbronzata, non si nasconde più nella trama dei teli, nelle tasche delle borse, né va ad appiccicarsi all’umido dei costumi. Resta lì ferma, compatta, riascoltando le giornate estive quando si affannava con chi la calpestava. Le barche riposano, non hanno fretta di mettersi in acqua, non si affannano a portare i turisti intorno, ma a tarda sera se ne vanno per mare con reti e lacciuoli. La roccia della costa settembrina ha colori più caldi, un intonaco di molteplici tonalità di arancio con le sue ombre, che tanto fa risaltare le sporgenze di punta Scutolo e sotto la S.S.Annunziata dove il sole batte ancora nelle ore di punta. L’aria è tersa, rende vivi i colori delle case appoggiate sulle colline, di Montechiaro, Sant’Andrea, Bonea, più nitide da lontano, pulite, come pastelli di una scatola di Giotto di Bondone. Sale l’odore di sterpaglie accese, prima pulizia dei campi di fine agosto, che immancabilmente emana ricordi, qualcuno ritorna bambino, qualche altro ha strane sensazioni di voler accelerare la fine dell’estate e provare finalmente i primi tepori dell’autunno. E se le nuvole viaggiano intorno e non ne riconosci il percorso, allora è tempo di prendere l’ombrello che, per i sentieri e le montagne, raccoglierà la pioggia ancora incerta e indefinita, dispettosa, a ricordarci che tra un po’ sarà lei la regina. Ora spesso ci voltiamo a scrutare il cielo, a capirne le intenzioni, come un’urna da scuotere con il suo responso, talvolta accigliato sui monti, ombroso o imbronciato, coperto, con mille forme e mentre ci offre tante pecorelle, ben sappiamo che è l’acqua quella che ci aspetta. Gli occhi al cielo a misurare il tempo, gli sprazzi di sole che ci restano ancora prima che si accorci il giorno e ci metta a riposo nelle nostre case. Settembre è tutto un sentire di profumi nuovi, che sanno di scuola, di frutti caduti, che scambiano il ricordo del mare con i primi torpori della nuova stagione. Noci sgusciate, uva ancora nella vigna e lungo i sentieri dei monti gli animali cercano riparo lasciando il posto al silenzio. Settembre è la fine e l’inizio, un confine che giunge inaspettato, senza parole, né porta alcun preavviso. Puoi però incontrarlo ancora in spiaggia, solitario e ridente a godere di tutto lo spazio degli assiepati nel mese precedente, a sbirciare l’orizzonte con la sua linea marcata che tutto a un tratto confonde cielo e mare. E qualche gelato si rifila ancora a chi non ha più caldo ma lo mangia al pensiero dell’estate finita. Settembre non sei ingeneroso, sai colmare i vuoti coi tuoi silenzi, con spunti per iniziare nuove imprese, con i frutti tanto attesi e velate nostalgie di tutto quello che va via.