PARLIAMO DI LAVORO? OPPURE È SOLO SCHIAVITÙ
di Giandiego Marigo
Confesso, anche se a voi interesserà forse poco, che faccio molta fatica a scrivere, in questo periodo. L’ostinata dissennatezza dei media, impegnati nella minuta e pressante descrizione delle vicende elettorali di questo paese, mi sta sinceramente nauseando e consegnando l’impressione dell’inutilità dello scrivere d’altro.
Tutto acquisisce una chiave elettoralistica, il mondo sembra orbitare attorno a questo inutile avvenimento che non modificherà alcunché negli equilibri del vero potere visto che manca la forza di un antagonista reale a questo sistema e che il potere vero non risiede certo nel parlamento, non più, da molto tempo, forse mai.
In questi tempi di scarso ascolto io voglio parlarvi di lavoro. Già un argomento molto strumentalizzato, appunto dai portatori di vessilli, i leader inventati delle compagini in campo in questa tenzone. Ed esattamente vorrei parlare del braccialetto di Amazon o meglio partendo da quello scandaloso e disumano braccialetto.
Molte polemiche sono sorte attorno a questo avvenimento, molto sfruttate in chiave propagandistica, strumentalizzate, tirate e deformate per ottenere un immediato riscontro. In realtà la condizione di supersfruttamento ai limiti dello schiavismo che Amazon esalta è presente da tempo, persino prima del Job Act tanto vituperato (giustamente per altro). Precedente, dicevamo, persino alla Legge Biagi (pochi la ricordano ma è snodo fondamentale). Ne parlo per esperienza diretta, per aver dovuto nel periodo più cupo della mia esistenza (per ora) accettare il ricatto delle cooperative fantasma che sorreggono, quasi sempre, insieme alle agenzie interinali questo gioco al massacro.
Vi è la convinzione , errata, che esse siano solo infarcite di extra-comunitari, vero e falso nel medesimo tempo, conosco, personalmente, oltre a me stesso, almeno altre cinque persone “italiane” che lavorano o hanno lavorato in queste condizioni. Amazon copia una realtà diffusa nel mondo ed il fatto che la applichi senza scrupoli anche qui, nel mondo di cartone dell’occidente primo mondista solleva scandalo ed indignazione, ma è la globalizzazione bellezze! È la scomparsa dei diritti, l’uniformazione al ribasso, la libera concorrenza, la competitività. Un modello sociale, quindi, una filosofia che si esprime, poi, in manifestazioni visibili, ma che compenetra il pensiero corrente, accettato, condiviso … è il modello che molti vorrebbero solo emendare e correggere, ma che a parere del vostro umile ed inutile scrivano non è né emendabile ed ancor meno correggibile. È talmente canceroso e infestante questo modello da aver corrotto, infettato e deteriorato una delle iniziative di maggiore importanza del Movimento Operaio e Popolare, le cooperative, che sono nell’ora e qui il contenitore ideale di ogni bruttura, bassezza e sfruttamento, poco importa che siano più o meno sociali, purtroppo. Non tutte, certo, l’idea resta ed è buona, ma moltissime e spesso le più importanti dal punto di vista del Lavoro.
Queste cooperative infestano il mondo del terziario, invadono la logistica, occupano i trasporti delle cose e delle persone. Invadono la sanità, i servizi alla persona … infettano persino il mondo dei disabili, caratterizzano il rapporto con i migranti, non tutte, ma sempre troppe. Al di là però di chi sia l’aguzzino, che accetta il compito di funzionare da sgherro del sistema, resta la qualità della filosofia che lo permette e quella è condivisa, anche da molti fra coloro che impotenti ed inutili si indignano, si scandalizzano e vuotamente protestano, per poi dimenticare, mentre chi vive all’inferno è costretto a restarci … perchè così vanno le cose.
Delle piazze dei lavoratori, dei diritti reclamati con forza non vi è più traccia se non nelle chiacchiere elettorali di gente che ora inalbera bandierine rosate e loghi nominali, ma che alla resa dei conti votò ed accettò la filosofia fondamentale che le sorregge votando il Job Act, per esempio o mediando la scomparsa graduale dei diritti, affossando le ceneri dell’art.18, abbandonando il terreno della lotta per limitarsi ad una difesa che è solo arretramento, accettando la logica, che chiamavano liberal di questo sistema ma che era solo liberismo della peggior specie (certo lo fecero con un buon tornaconto personale). Perdendo il contatto con la realtà del lavoro iper-sfruttato, con la realtà del non lavoro e del precariato ricorrente, dell’industria 4.0, della fine del lavoro dopo i cinquant’anni e della realtà pensionistica sempre più lontana … della pressione sulla forza lavoro esercitata dalle migranze. Sino ai dibattiti, scandalosi, del sole 24ore sul ritorno della schiavitù.
Forse le chiacchiere non bastano più?
Forse è il caso di rendersi conto che la lotta di classe non è mai tramontata e che la stanno vincendo i padroni alla grandissima?
Forse si deve ritornare a chiamare per nome l’alternativa a questo sistema ed a ridefinire nell’oggi termini come “Socialismo”, “Solidarietà”, “Mutualismo”, “Autodeterminazione”, “Indipendenza Alimentare”. Ristabilendo l’alternativa possibile a questo mondo e la visione di un altro possibile?
Forse deve tornare il coraggio e la convinzione di avercela quest’alternativa. Sicuramente il Lavoro deve essere riguardato con occhi analitici e chi vive queste realtà deve re-imparare la strada dell’autodifesa e dell’organizzazione, anche se pare necessario non ripercorrere vecchie strade ormai logore e corrotte. Sicuramente si deve intervenire, anche didatticamente, sulla filosofia che sorregge tutto questo, sul modello culturale che permette ch’esso si implementi senza alcuna resistenza. Un’alternativa reale al Capitalismo ed alla società borghese, impariamo a dirlo di nuovo!