IL MANIFESTO DELL’ULTIMA DISFATTA GRECA



di Lorenzo Mortara


In vista della disfatta di Syriza, Il Manifesto, ha affidato a Luciana Castellina i suoi piagnistei della domenica. Così, in prima pagina e per altre insopportabili due, il sedicente giornale comunista, ha riempito la domenica dei suoi lettori con tutti i più classici topoi del più veterostalinismo. Ci sono tutti, ma proprio tutti, non ne manca uno, l’intero corredo del cretinismo rosso. 

Di chi è la colpa dell’imminente sconfitta? Dei settari del KKE – gli stalinisti ufficiali – ma soprattutto dei 6 partitini trotskisti che «non contano niente ma sperdono voti». Sei volte zero, alla bisogna dello stalinismo mentale, deve fare evidentemente dieci, tanti sono, infatti, i punti percentuali che servono per colmare il distacco da Nuova Democrazia. Il trotskismo non conta mai niente, fissato alla coda com'è dal suo storico marxismo intransigente, ma appena si perde, diventa il responsabile unico da mettere alla testa della sconfitta. Cosa non si fa pur di non metter mai alla ghigliottina quella vuota degli stalinisti, ufficiali e non. 

L’idea che sia proprio il voto a Syriza quello disperso, non passa nella testa della compagna. Che il voto buono sia quello a favore dei lavoratori contro l’austerità e non il contrario, è ancora un concetto troppo difficile per le colonne del Manifesto. Per la compagna, in pieno idealismo mistico, conta far vincere la “sinistra”, non i lavoratori. Non importa se ha fatto politiche di destra. Contano le parole, i simboli, le bandiere, i segni, in una parola: l’etichetta, cioè tutto purché non i fatti e soprattutto non i lavoratori. Come sia maturato un simile distacco, non è dato sapere, vietato quindi interrogarsi. L’unica risposta è piagnucolare. 
Non bastassero i partitini rei di non appoggiare Tsipras a prescindere, la colpa è anche del popolo bue che è smemorato, quindi stupido com'è non ricorda le politiche lacrime e sangue imposte già una volta da Nuova Democrazia e dai menscevichi del Pasok. In realtà, il popolo le ricorda benissimo, ma ricorda ancora di più di aver votato Tsipras per metterci fine, non per continuarle. Se oggi manda all'opposizione Tsipras è perché tra la copia e l’originale, vince sempre l’originale. E tanto più che la copia di Syriza, per assomigliare sempre di più all’originale e scongiurare qualsiasi possibilità di alternativa, ha messo tra i suoi capolista proprio i riciclati del Pasok, quello che perse in un colpo due terzi dei voti e finì nella polvere per aver applicato tutte le misure della Troika. Era il 2012, un secolo fa per la memoria di ferro delle compagne che non si ricordano quanto allora sputassero sui negrieri di quel partito che spellava vivo il povero popolo greco. Ma allora il popolo era imbufalito, non si era ancora trasformato in bue… 

Tsipras che ha portato avanti le stesse misure in piena continuità coi governi precedenti, ha la faccia pulita, non merita nemmeno uno sputacchietto, perché è stato «obbligato» a fare quello ha fatto. L’austerità gli è stata imposta. Da chi? Dalla Troika dice convinta delle sue bugie idealistiche Luciana Castellina. Ma la verità materialistica è che è stato obbligato dal suo rancido riformismo, non da altro. E la verità materialistica è l’unica che passerà alla Storia. 

Si vede che solo Nuova Democrazia e il Pasok avevano il dovere di ribellarsi, perché non avevano l’appoggio del Manifesto e di Luciana Castellina. Ora che l’hanno avuto sotto forma di Syriza, possono tranquillamente tornare al governo più forti di prima, concentrati nella sola Nuova Democrazia. Peccato, sospira Tsipras, proprio ora che si poteva davvero iniziare a «realizzare il nostro programma», ovvero il vomitevole per quanto inossidabile programma dei due tempi che nessuno ha mai visto, nemmeno questa volta, perché il programma dei due tempi non è altro che l’intervallo tinto di rosso dell’unica partita in corso: quella di destra del Capitale per cui giocano tutte le infinite schiappe della sinistra radicale, ovvero radicalmente non marxista. 

È per queste ragioni che oggi il popolo greco sceglie un altro pascolo. La commovente pastorale di Luciana Castellina e dei preti rossi del Manifesto non riuscirà a riportarlo nella stalla di piazza Syntagma dove Tsipras ha concluso la sua parabola di governo. Il popolo, questa bestia irragionevole, è recalcitrante. Non capisce quanto coraggio abbia avuto Tsipras per essere impopolare e «resistere alle tentazioni demagogiche e populiste che avrebbero portato il Paese al disastro». È risaputo in effetti che ci voglia un coraggio da leone per farsela nei calzoni e capitolare. Chissà cosa avrebbe fatto se fosse stato, anziché un coraggiosissimo menscevico, un vigliacco bolscevico come noi marxisti? 

È grazie a eroi di questo tipo che il popolo bovino di sinistra, al massimo del rincoglionimento da Manifesto, avrebbe dovuto scendere in piazza con lui a urlare: «Non restituiremo le chiavi delle casse alle banche che hanno fatto fallimento, non decidono più loro, decidono i greci». Avete capito banchieri e capitalisti? In Grecia non comandate più, perché comandano finalmente i proletari! Ma per conto di chi? Di banche e capitalisti, naturalmente! 

Solo i padroni quando comandano, che sia col Pasok, con Nuova Democrazia, con la Troika, con Tsipras, con Syriza, con Berlinguer o con Bertinotti, riescono sempre a comandare per conto loro. È per questo che vincono in Grecia come in Italia come dappertutto. E continueranno a vincere finché a farli perdere ci penseranno i giornali comunisti come il Pedifesto… 




Stazione dei Celti
Lunedì 8 Luglio 2019

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI


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